giovedì 26 novembre 2009

25.11.09 - Resoconto - Parte 1

Ben tornati.

Pensavo di iniziare questa mia avventura con il resoconto della giornata, che è stata alquanto noiosa per voi che leggete, non certo per me che l'ho vissuta (mi sono alzato a buon ora, ho mangiato, ho ritirato le analisi che ho fatto e non mi sono piaciute per niente, quindi sono andato dal mio medico e ho parlato con lui e poi, alle 16.45, sotto ai ferri del dentista: che goduria!!!!!). Invece ho deciso di iniziare questo diario con il resoconto di quanto è successo sul tema da 13 anni fino ad oggi, quindi preparate un bel pacco di pop-corn e un bel bicchierone di aranciata, perché si va ad incominciare!

Tutto ebbe inizio nel lontano Natale del 1996.

Una notte mi alzai in piedi in preda al panico, il cuore mi batteva forte e avevo l'impressione di trovarmi ancora nel mezzo del sogno. C'è da dire che la sera prima avevo mangiato veramente pesante, ma veramente pesante. Era il 24 Dicembre e ci avevo dato dentro. Avevo un metabolismo così veloce che se avessi mangiato un bue l'avrei digerito in una nottata e senza risentirne nella siluette. Ma quella notte no. Era rimasto tutto sullo stomaco: forse era l'inizio del mio cambiamento o forse era il regaletto che Gesù Bambino mi ha fatto per la sua nascita e ora ne sono convinto al 1000%.

Il sogno era strano di per se, ma non così pauroso da farmi svegliare di soprassalto nel pieno della notte, comunque...

E' ricorrente nei miei sogni l'esperienza del volo. Padroneggio con semplicità e mestiere la levitazione e lo spostamento dal punto A al punto B, indipendentemente da quanto essi siano distanti tra di loro, l'accelerazione e la frenata. Mi chiedo come io faccia a simulare nei sogni tale cosa visto che la natura non mi donato la possibilità di volare, contrariamente alla paura del vuoto e delle vertigini. Forse qualcosa si avvicina molto con la padronanza dello spostamento sotto l'acqua di una piscina. Fatto sta che nel sogno volavo, ma non da solo, appunto, poiché ero sopra un elicottero (già ho paura del vuoto, figuriamoci su un mezzo volante). Sorvolavo una zona della mia città, per la precisione lo spiazzo di Viale Giuseppe Garibaldi, dove al posto del monumento ai Caduti per la Patria del torinese Riva, c'era la famosa Statua della Libertà. Strano! Ci giro intorno e atterro.

Uscii dall'elicottero e mi feci un giro intorno: tutto uguale tranne che per la statua. Sentii una voce, mi girai e vidi una mia amica. E' a mille per la felicità perché da lì a pochi minuti avrebbero aperto le saracinesche del cinema per vedere il suo film preferito: Grease! E indicò nella direzione dell'entrata del porto. Io, che stavo ancora davanti alla statua, mi spostai a guardare in quella direzione, perché, pensai, al porto non c'è un cinema e, sorpresa, vidi un muro alto e lungo che copriva tutta l'entrata. Nel muro c’erano delle serrande di negozi. Mi avvicinai al muro, incredulo, e vidi che i gobbi dell'edicola sulla mia destra, riportavano titoli cubitali di avvenimenti alquanto normali ma con nomi che di solito non si usano per le persone, se non per offenderle. A quel punto, arrivò il mio ex direttore di rete (a quei tempi lavoravo a TeleCivitavecchia) e mi avvertì con fare molto grave che le persone non sono quello che sembrano essere e che non mi dovevo fidare di ciò che avrei visto e che sentito. E così mi concentrai su ciò che vedevo e che sentivo e scoprii, con sconcerto, che quello che vedevo era pressoché tutto uguale, tranne qualche variazione, come la statua e il muro, ma quello che sentivo era indecifrabile e incomprensibile: sembrava che tutti parlassero una lingua che non conoscevo, fatta di parole italiane messe a caso. In quel momento mi sveglai.

Con il passare dei giorni, mi chiedevo del perché di tale sogno e non riuscivo a trovare una risposta. Poi, così come un fulmine a ciel sereno, poco dopo la befana, mi arrivò l'intuizione riguardando il film “The Mask”: affidandomi alla Legge del Contrappasso del mio scrittore preferito, rigirai la frase dettami dal mio ex direttore nel sogno: “Le persone non sono quello che sembrano essere” in “Le persone sono quello che sembrano essere” facendo cadere quella maschera ideale che la gente indossa per celare le proprie emozioni e per non far vedere i propri pensieri. Ciò non è un’idea molto originale, lo ammetto, ma era il germe di una storia che stava nascendo in quei minuti. Che voi ci crediate o no, mi sono messo davanti al mio pc, un ultrasofisticatissimo 386 con una stratosferica memoria ram di 256Mb, mi sono scrocchiato le ossa delle dita, ho iniziato a scrivere e ho finito la prima stesura della sceneggiatura in meno di 3 giorni.

Voi direte: Sceneggiatura? Niente soggetto? Niente scaletta? Nessuno studio di background dei personaggi e dell’ambientazione? No! Niente di tutto questo. Senza cercare di essere troppo vanitoso, posso dirvi di avere una specie di dono: riesco a scrivere le storie e a concluderle direttamente in forma di sceneggiatura. Non chiedetemi come faccio che tanto vi rispondo che non lo so, vi posso dire solo che le storie mi vengono così da sole, si scrivono da sole e a oggi, nonostante la veneranda età di 36 anni e il cervello che fa acqua da tutte le parti, riesco ancora a elaborare alla perfezione il percorso formativo che compie la mia idea fino a quando non viene tradotta in parola. Come dice una mia amica scrittrice, a cui voglio un mondo di bene, “lascio che la storia si scriva da sola e che i personaggi reagiscano in funzione ad essa”.

Quindi, nemmeno arriva la metà di Gennaio che già mi ritrovo tra le mani la prima stesura di un medio metraggio che ho sognato solo 18 giorni prima.

Tuttavia, in una cosa solo ho meditato sulla sceneggiatura: il luogo dove succede il fatto! Una mia ex collega di lavoro, un giorno, prima di tutto questo casino, mi raccontò che era stata al lago di Bolsena e che era stata in una isoletta dove c’è un palazzo diroccato che apparteneva alla famiglia Farnese. Mi sono documentato meglio (allora si andava ancora in biblioteca comunale a fare le ricerche, non esisteva internet, o Wikipedia e tantomeno GoogleMap) e ho scoperto che la città di Bolsena era famosa in ambito Cristiano perché lì si è verificato il sanguinamento di un’ostia appena consacrata durante una funzione religiosa che ha avuto nella chiesa di Santa Cristina, dando luogo alla festività del Corpus Domini. Religioso come sono, mi sono ripromesso di andarci. E per quel motivo ho ambientato la prima parte e l’ultima della storia proprio a Bolsena.

Da quel momento, la storia rimase lì, nel cassetto, in attesa di sviluppi futuri, anche perché in quel periodo ero attratto da un altro progetto molto più ambizioso: La Divina Commedia. Non starò qui a raccontarvi le vicissitudini che quest’altro progetto ha vissuto e sta vivendo tutt’ora, perché non basterebbe tutto lo spazio virtuale del WWW, WWW2 e del W3 per raccontarlo, ma siccome sono bastardo dentro, vi rimando a un’altra sezione apposita che poi creerò. Ma non mancheranno, comunque, dei riferimenti in questo progetto.

Tanto per abituarvi alla cosa, intendo i riferimenti, parallelamente all’avanzamento del progetto della Divina Commedia (da ora in poi LDC), nel Settembre del 2001 iniziai a lavorare a ReteOro (provate a indovinare qual'è stato il mio primo giorno effettivo di lavoro. Un aiutino? Non è il 3), altra televisione, questa volta a Roma, e tra tutti i programmi che mi dettero da montare ce ne erano due a cui mi sono molto affezionato: una era DDS – Dove di Sera e l’altra era Marathon. La prima parlava, e parla tutt’ora, di musica, arte e spettacolo a Roma e dintorni e l’altra di corse podistiche che si svolgono in tutto il Lazio, con qualche puntatina anche in Umbria. Mentre DDS mi apriva alle meraviglie dell’arte, Marathon, contrariamente ai miei interessi (odio il calcio e non mi vergogno a dirlo), mi affascinava molto perché ha quel senso di campalità e spostamento che è tipico di chi viaggia, solo che invece di spostarsi con l’auto o la moto, lo si fa con le proprie gambe, correndo. Io non corro per motivi fisici, ma mi sarebbe molto piaciuto concorrere a una di quelle gare, sentire la tensione che ti scende dalle gambe e se ne va, il sudore che pervade tutto il corpo e l’aria buona e fresca delle montagne e del mare. E soprattutto i luoghi che vai a visitare, i gusti e i sapori. Come Bolsena, appunto. Una gara che rientra nella categoria del GiroLago è proprio ambientata a Bolsena. Io avevo il compito di montare la telecronaca della gara e vedendo le immagini, mi sono innamorato di quel posto. Ho visto il lago, i traghetti, le bancarelle, la piazza del comune, la chiesa di Santa Cristina e, procedendo nel montaggio, tutta la vegetazione e i piccoli comuni che stanno intorno al lago. Grandioso. Ci dovevo andare. E così fu. Presi armi, bagagli e fidanzata e partii alla volta di Bolsena. Non vi dico la bellezza e la calma di quel posto. Passeggiare in riva al mare, sedersi sull’erba sotto gli alberi a due-tre passi, contati, dall’acqua, mangiare in un ristorantino posto su una palafitta sull’acqua e, soprattutto, compiere un giro su un traghetto e arrivare sull’isola della villa disabitata e, sorpresa, non ci si poteva andare perché il Comune l’aveva chiuso al pubblico. Delusione grandissima. Allora lì presi due decisioni: la prima era quella di inventarmi un programma itinerante che mi permettesse di scendere sull’isola e fare le riprese, magari associando la corsa alla cucina, e l’altra era quella di ambientare definitivamente la storia-sogno che ho scritto proprio a Bolsena e far scendere i protagonisti sull’isola e fare le riprese. Comunque sarebbe andata, avrei fatto lo stesso le riprese sull’isola.

Così, tornato a casa, aprii il cassetto, presi il floppy (ah, ora avevo un fantascientifico 486) e smadonnai: il floppy aveva un problema a un settore della traccia vattelappesca e il pc non poteva aprire il file. Panico! Non mi ero fatto neanche una copia di riserva. Da quel momento in poi iniziai ad addentrarmi nei meandri e i segreti di Winzoz. Lo studiai a fondo e mi rivolsi ad amici e negozi per trovare una soluzione: non potevo ricominciare a scrivere di nuovo tutto da capo!!!!

In breve, dopo tanto cercare, trovai una buonanima che mi girò un programmino che avrebbe potuto risolvermi tutti i problemi, ma mi consigliò di passare a un supporto un po’ più affidabile: tale CD-ROM. E’ dai tempi di Superflash, quando il compianto Mike Bongiorno presentò all’Italia intera il disco argentato, che conosco questo supporto, ma l’ho sempre utilizzato per ascoltare la musica (in realtà affittavo i CD in un negozio, li copiavo su cassetta e poi li riportavo al negozio). Ora, invece, mi si presentava davanti la possibilità di archiviare i miei dati su questo affare. Fantastico!!!! Lo comprai e lo installai: ormai il pc e Winzoz non avevano più segreti per me. Chiusi la scatola infernale, accesi il pc e quando Winzoz sentì che c’era qualcosa di nuovo, evidentemente non gli piacque e me lo disse con una bella schermata blu. Panico! Era la prima volta che vedevo una cosa del genere!!!!! Che roba è? Dopo un momento di smarrimento, iniziai a leggere ma non feci in tempo, perché Winzoz si riavviò da solo. E stavolta, invece di ripartire, mi fece una schermata nera con una scelta da effettuare tra varie opzioni. Ancora!?!? E che roba è st’altra? Capii che evidentemente Winzoz aveva qualche altro segreto da rivelarmi. Tentai e ritentai e finalmente scoprii che la Modalità Provvisoria è il tuo Dio e che se avessi cercato con meno superficialità dentro la scatola del masterizzatore, avrei potuto risolvere i miei problemi con un cd allegato. Vabbè! Si impara dai propri errori, e a proposito di errori, dopo aver scavato fosse e scavalcato montagne al fine di recuperare il famigerato file.doc della sceneggiatura, rileggendolo, capii: dovevo ricominciare a scrivere di nuovo tutto da capo!!!!

Dovevo punto e basta. E non perché era scritto da cani, dopotutto era la mia prima sceneggiatura, ma perché le idee che mi si sono addensati nella testa richiedevano una rielaborazione del testo in modo radicale e che probabilmente da un medio sarebbe divenuto un lungo! Mi rimboccai le maniche, accantonai momentaneamente LDC e inizia a scrivere di nuovo. Questa volta ci misi 2 mesi e mezzo! Ragazzi, le idee erano davvero tante, ma proprio tante e le scartai una ad una, scrivendo e riscrivendo pezzi interi di sceneggiatura. Alla fine partorii la prima stesura ufficiale del lungometraggio. Mancava il titolo.

Un giorno si stava parlando dei progetti che l’allora Governo stava varando per quanto riguardava le Grandi Opere e del Ponte sullo Stretto di Messina. Mio padre ricordava di mio nonno che guidava i traghetti della ferrovia e che questo ponte avrebbe portato disoccupazione e cose del genere. Non so per quale motivo, chiesi a mio padre il nome del traghetto e mio padre, in tutta la sua fierezza sicula, pronunciò il nome: CARONTE. Da lì capii molte cose: perché mio padre si chiama Dante, perché mio nonno mi parlava tanto de LDC, nonostante la odiassi con tutta la mia anima (poiché a scuola te la propinavano a forza con l’imbuto) e iniziavo a vederci un disegno divino in avvenimenti e cose che mi capitavano: la mia data di nascita (che, oltretutto, vista graficamente, sembra riflessa a sé stessa, contrappasso quindi), il nome di mio padre, la casa in cui abitavo nel momento in cui mi è venuta l’ispirazione di adattare LDC in sceneggiatura (cioè la terza abitazione da quando sono nato), il numero civico (34: 3+4=7, e 3 numero perfetto), l’interno dell’appartamento in cui abitavo in quel momento (9, multiplo di 3) e tanti altri fattori, come la linea C dell’autobus che mi portava dritto dritto alla stazione per andare al lavoro (Ostiense= III fermata da San Pietro + autobus 30 express che mi fermava davanti al palazzo della “3”, la telefonia + il civico dello studio televisivo, il 53) e tutte quelle cose che mi riportano al numero 3 o multiplo di 3 e il numero 7 (i peccati capitali). Due numeri, questi, di forte influenza esoterica e fondamento principale per quella che io chiamo LA MATEMATICA DI DANTE.

Ho iniziato ad adorare Dante da quando ho iniziato a leggere per fatti miei LDC (sono arrivato alla quinta rilettura): mi chiedevo come mai un uomo è riuscito a fare un viaggio nell’aldilà ed è riuscito a tornare tra di noi per raccontare quello che ha visto e soprattutto perché! A scuola, nei pochi momenti che ero attento lo spiegavano, ma era una spiegazione troppo blanda per essere ascoltata da dei ragazzi in pieno bombardamento ormonale. Quell’anno solo un romanzo riuscì a fare breccia alla nostra attenzione: I PROMESSI SPOSI (IPS), solo perché la RAI trasmetteva la fiction con l’Albertone Nazionale e la sua parodia con l’ineguagliato Trio, anche se l’altro Trio non li fa rimpiangere poi così tanto! Fatto sta che IPS sbancarono sia nell’auditel che nelle discussioni sui banchi di scuola e de LDC neanche ce la ricordavamo più. Tanto che quell’anno uscì un titolo di esame che aveva a che fare proprio con IPS. Che vorrà dire? Ancora non lo sapevo, ma la pulce iniziava a ronzarmi nell’orecchio.

Bla Bla Bla, Bla BlaBla, e arrivai nell’anno che durante un esame di maturità, all’uscita del tema di italiano, un titolo riguardava LDC. Un ragazzo, evidentemente alterato, si chiese come fosse possibile che la commissione di stato che decide i temi d’esame abbia messo un titolo su Dante. “Ma non lo sanno che non si studia più?

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Apriti cielo!!!

Ecco l’”Alidant-pensiero”: Come è possibile che a scuola non studiano più Dante? Colui che è considerato il padre della lingua italiana, l’autore di punta della storia della letteratura italiana che non viene più studiato nelle scuole italiane?!?!?! Il fuoco mi pervase e mi salì una rabbia… e allora feci una cosa: ma ve la racconterò nella sezione apposita! Ah ah ah!!!

Feci però anche un’altra cosa: per vendetta o per ripicca, non lo so più ormai, ma anche per onorare la memoria di mio nonno, decisi di dare come titolo al mio pseudo-film il nome del traghettatore degli inferi, Caronte, e di giustificare tale titolo dando quel nome al traghetto su cui salgono i protagonisti della storia (che prima erano 5 amici, poi sono diventati 3 fratelli). La storia era pronta, ora bisognava trovare il modo di farlo diventare un film. Ma questo ve lo dirò alla prossima lettera.

Per ora un abbraccio a tutti e grazie di essere arrivati fino a questa riga.


Lunga Vita e Prosperità…
al Cinema Italiano!!!