giovedì 26 novembre 2009

26.11.09 - Resoconto - Parte 1.5

Prima parte e mezza del mio resoconto.

Perché questa metà in più? Perchè, prima di passare a parlare delle difficoltà che ho incontrato per realizzare sto benedetto film, vorrei spiegarvi gli avvenimenti che sono successi, nel frattempo, che mi hanno portato a una maturazione artistica e pratica.

Ero arrivato al punto di in cui
bisognava trovare il modo di fare il film.
E che ci vuole? Prendi qualche cristiano, lo metti davanti e dietro la macchina da presa, dici ciak, azione, stop, gridi ogni tanto e il gioco è fatto. Mettiamoci pure che sono un montatore di professione... Avete presente il ragazzino di Senti chi Parla, quando vede Travolta che accende l'auto e parte? Più o meno era quella la sensazione che provavo in quel momento. Primo tentativo fallito: non avevo nessuno che era capace a stare su un set. Era il Marzo del 2002. Eppure ero appena reduce di un cortometraggio girato e montato l'estate prima: La Scatola dei Ricordi e, andando a ritroso, Brasile, Così per Caso e Sogni Confusi. Quest'ultimo l'ho realizzato come compito d'esame di fine corso presso
il CST - Centro Sperimentale Televisivo nel Giugno 2000, girato e montato con un bel UMatic (Brrrrr). Così per Caso e Brasile, idem, ma ero a Telecivitavecchia, mentre La Scatola dei Ricordi, beh, quella è tutta un'altra storia: per come lo avevo organizzato e prodotto, pareva una superproduzione. Ho coinvolto una marea di persone tra amici e parenti e il risultato è stato che ho vinto il premio per la regia e per la fotografia, entrambe fatte da me, in un paio di concorsi. Quindi capirete che per quanto ero fomentato da ciò mi buttai a capofitto nella produzione di questo film. Ma siccome la botta era stata grossa, decisi di ridimensionarmi e di attendere di nuovo tempi migliori.

Intanto, iniziai un corso di sceneggiatura e regia nella mia città: un mio amico, che ha ora un piccolo teatro parrocchiale, mi invita una sera alla cena con un regista e attore famoso in italia, accompagnato da un regista che io adoro. Insieme ad altri ragazzi, che sapevo essere aspiranti registi nel panorama cittadino, parlammo di un progetto che questo attore voleva tirare su e mi resi conto che ero tra i pochi eletti a far parte di una selezione accurata per il primo anno di questa Scuola delle Arti. Da lì a un mesetto mi ritrovavo a sostenere un colloquio di ingresso con un il direttore, cioè l'attore, e un regista-documentarista che sosteneva il colloquio. Risultato: sono entrato nell'enturage a tutti gli effetti.

Sono stato assente in qualche lezione per via del lavoro a ReteOro, ma me la sono cavata sempre bene,, tanto che a volte, quando arrivavo tardi alle lezioni, mi trovavo indietro agli altri, ma recuperavo sempre subito e un giorno, pensate, un professore di sceneggiatura, aveva dato un compito a casa: bisognava scrivere una sceneggiatura di un corto dove 2 sorelle litigano perché la minore credeva che la maggiore se la faceva con il proprio ragazzo, ma poi c'è il colpo di scena che spiazza tutti. Io naturalmente non sapevo nulla perchè mancai alla lezione prima e trovatomi senza nulla in mano, presi a scrivere di getto una sceneggiatura su un tacquino. alla fine della pausa avevo pronta la sceneggiatura e, sorpreso, il professore voleva sentirla. Io, imbarazzato, non riuscii a leggere, tanto che lo feci leggere da un mio compagno. Ricordate quando nell'altra lettera vi ho detto che ho un dono nello scrivere direttamente in sceneggiatura? Lo compresi in quel momento. Il professore, alla fine della lettura, si alzò, ando verso il mio compagno che aveva appena letto il mio manoscritto e lo alzò in aria per farlo vedere a tutti: questa è una sceneggiatura con tutti i canoni, disse, ci sono i tre atti, e tre svolte, una più incalzante dell'altra. Se questa storia fosse un film, vincerebbe l'oscar.
Personalmente penso che il professore esagerò un pò troppo, ma la reazione, ve lo giuro, fu immediata. Immaginatevi la scena: appena il professore finì di dire la frase incriminata, tutta la classe si girò verso di me; pareva che si fosse scatenata la III Guerra Mondiale e io ero il nemico da abbattere! E il professore rincarò la dose: quello che avee scritto è troppo introspettivo, filosofico e astratto. Lo spettatore lo tenete incollato alla poltrona con la storia semplice e veloce, altrimenti quello si alza e torna al botteghino pretendendo i soldi indietro. Così si scrive una storia: Semplice, asciutta e schietta mentre agitava il mio tacquino in aria Vi garantisco che volevo sparire. Letteralmente.

Ma non fu solo quello l'episodio che mi convinse che forse un posticino nel panorama cinematografico potrebbe spettarmi. Si avvicinava la fine del corso e, come al solito, arrivai in ritardo nelle situazioni più importanti: era il giorno in cui bisognava decidere chi faceva cosa, per quanto riguardava la realizzazione di un cortometraggio per fine anno scolastico. Io avevo deciso di fare il regista e il direttore di fotografia per il mio e solo il direttore di fotografia per gli altri cortometraggi. Arrivo alla riunione, in ritardo, appunto, e appena il direttore della scuola mi vede dice a gran voce: Ooh, ecco finalmente il regista dell'unico cortometraggio rimasto! E' passato tanto tempo dall'episodio della sceneggiatura e
gli animi si erano ormai assopiti definitivamente, tanto che dopo quell'episodio, ho stretto amicizie e collaborazioni con persone più o meno "dotate" sul piano inventivo. Quel giorno, però, notai dei sorrisetti sotto i baffi eccessivamente mal celati, quando entrai nella stanza. Chiesi scusa del ritardo e mi sedetti. Il direttore mi passò la sceneggiatura e gli diedi una prima occhiata: il titolo era Sonia. Scorrendo velocemente il testo, mi resi conto con sconcerto che era un monologo. Capii subito. Mi toccò la sceneggiatura che nessuno voleva fare, poichè il monologo è la cosa più difficile da realizzare a livello visivo, a quei tempi. Cercai il ragazzo che scrisse il monologo e me lo indicarono. Aveva un'espressione abbattuta, probabilmente, perché messa ai voti, nessuno prese quel testo. Io non potevo fare altro che accettare, visto che era l'unico rimasto disponibile. Compresi, in seguito, che gli attori di nome che si sarebbero prestati per interpretare i cortometraggi erano stati già tutti presi, quindi dovevo usare i ragazzi del corso di teatro. Fortuna volle che il ragazzo che scrisse la sceneggiatura fosse anche uno di quelli del corso di teatro. Meglio di niente, almeno così, pensai, il testo lo interpreta lui stesso.

Facciamo i corti. Sono stati 2 mesi di inferno tra lavoro e set: visto che ero, e lo sono tutt'ora, un patito degli FX, mi chiesero di fare anche da supervisore per una scena davanti a un bluescreen e di occuparmi di un paio di animazioni al computer per un altro corto. Alla fine sono stato l'unico a consegnare il lavoro finito in tempo, mentre gli altri erano ancora chi col girato da selezionare, chi con il montaggio ancora da iniziare.

Una sera, durante la cena di fine corso, in preda all'alcool, il direttore e il professore di regia si rendono conto che tutti i corti stanno messi male e decidono di guardare tutti i lavori quella sera stessa. Saranno state le 11:30 di un venerdì sera. Tutti si guardarono in faccia e dopo qualche titubanza decisero di andare alla scuola e far vedere i propri lavori. Io, per ridurre i tempi di produzione, decisi di montare il corto al di fuori del corso, senza dover aspettare il mio turno di montaggio. Così, mentre gli altri si dirigevano alla scuola, io feci un salto a casa, presi la cassetta del corto e la portai a farla vedere. Ci misi una mezz'ora circa.
Quando arrivai alla scuola, uno dei ragazzi era fuori della porta che fumava nervosamente. Io mi avvicinai a passo veloce e chiesi come andava: sta smembrando e distruggendo tutti i lavori. Stai attento. Non era certo incoraggiante. Quando entrai vidi che stava smontando scena per scena il cortometraggio più importante: Segreti di Famiglia. Vedevo i due registi che stavano in preda alla depressione. Vi giuro, era come vedere la macellazionedi un maiale. Quando si accesero le luci, il direttore mi vide e mi chiese qual'era il mio corto. Gli dissi il titolo e si misero a cercarlo sul Mc, ma io gli dissi che non l'ho montato lì, ma a casa e che avevo portato la cassetta. Sorpresa generale. Evidentemente tutti si erano dimenticati che avevo finito in tempo il corto e il direttore mi chiese la cassetta. Iniziò la visione e mi sentivo di un nervoso... la regista del corto SdF mi prese la mano per rassicurarmi. Un altro mio compagno mi sussurrava: mò comincia, mò si ferma e ti fa a pezzi, ma non si muoveva nulla e la visione continuava. Mi aspettavo che nella rivelazione finale scoppiasse il vulcano ma non fu così. Passarono i titoli di coda e non c'era alcuna reazione ne del direttore ne del professore, mentre il resto dei ragazzi borbottavano increduli tra di loro e io mi guardavo con la mia amica che mi teneva la mano. Si accesero le luci e ci fu un momento di silenzio poi la sentenza del professore: Bello, andiamo avanti! Scoppiò il soffitto dell'aula! C'era chi mi mandava letteralmente a quel paese e altri che si alzavano per andarsene. Giuro di aver sentito anche qualcuno che rimpiangeva di aver rifiutato quella sceneggiatura e che lo avrebbe fatto anche meglio. Il direttore si alzò e a stento riuscì a far calmare gli animi. Spiegò perché era piaciuto il mio corto: nonostante sia un monologo, sono riuscito a far vedere con le immagini il pensiero distorto di una persona, con dei tagli di regia inediti, uno studio della fotografia molto livida e un montaggio frenetico che rispecchia molto bene lo stato d'animo del protagonista. L'unica cosa che non andava bene, se proprio doveva esserci, era che avevo fatto troppi particolari sulle parti del viso, creando un senso di angoscia e fastidio. Io risposi con la battuta che il professore di regia ci ha insegnato a dire in questi casi: E' voluto, e aggiunsi anche che era proprio quella la sensazione che volevo dare. Il direttore, allora, disse la sua pronunciando parole di fuoco che ancora ricordo a distanza di anni: Se Donato porta una sceneggiatura e questo cortometraggio a un produttore, gli fanno fare il film!
Mi ero fatto dei nemici, era ufficiale.

Ma come un film ben realizzato richiede, non poteva mancare il colpo di scena finale.
Era la sera della proiezione di tutti i cortometraggi al cinema più importante della città. Cìerano persone del panorama politico e dello spettacolo della città e qualche invitato illustre. Poi amici e parenti. Il cinema era pieno come un uovo. Mancavano solo Bred Pitt e i suoi Bastardi. Il mio cortometraggio sarà stato il decimo o il dodicesimo. Stranamente, mandarono in proiezione prima quelli con gli attori veri e a cui io partecipai come DOP e FX SV, come Segreti di famglia, In Ritardo per la Vita (a cui alla fine feci anche il montatore, aiuto regista e cameraman), un altro paio che non ricordo e finalmente il mio: Sonia
. Prima del mio corto, il tenore degli altri oscillavano tra il riso e lo sbadiglio (il tema trattato, dopotutto, dava la possibilità di spaziare in tutti i campi: Sarò Padre). Quando iniziò Sonia avevo il cuore a mille. Vedere un tuo lavoro proiettato sul grande schermo, corto o lungo che sia, ti da sempre una emozione fortissima. Mi mancava il respiro e penso di essere rimasto in apnea per tutta la durata della proiezione. Il silenzio era sceso in tutta la sala e si ascoltava solo la voce ansimante del protagonista che monologava. Quando arrivò il momento della rivelazione, sentii delle reazioni sottovoce intorno a me: c'era chi sobbalzava con la voce, come se si fosse spaventato, chi si muoveva infastidito sulla poltrona. Una signora disse: Oddio, l'ha uccisa! In quel momento mi si innondò il corpo di un brivido freddo e capii che avevo colpito nel segno, perchè ero riuscito a far credere una cosa quando in realtà, alla battuta finale la verità era un'altra! E, infatti, alla battuta finale, sentii la gente dire Noo! il tutto nel giro di pochissimi secondi di filmato (quindi 2 colpi di scena in poco più di 30 secondi, un'ottima cosa per un cortometraggio). Avevo vinto! AVEVO VINTO!!!! Alla fine della proiezione, ci fu un'ovazione. E quando salii sul palco, alla fine di tutto, per ritirare l'attestato, quando dissero il mio nome, il regista di Sonia, ci furono gli applausi più forti della serata. Non potrò mai scordare quella sera.

Tornando a Caronte, durante l'anno scolastico, studiai tutti: sceneggiatori, registi, attori, attrezzisti e feci una selezione di persone fidate che, quando sarebbe arrivato il momento, non avrebbero esitato a dire di sì per fare il film. Da quel momento in poi stava a me fare il passo più importante. Trovare il produttore del mio film.
E intanto era uscito il secondo film della trilogia de Il Signore degli anelli, dove viene rappresentato a video il Gollum, il personaggio che mi ha fatto scattare una molla in testa che ha cambiato del tutto la mia vita.

Ma ve lo dirò in seguito.

Per ora un abbraccio a tutti e grazie di essere arrivati fino a questa riga.


Lunga Vita e Prosperità…
al Cinema Italiano!!!